Un Mondiale Club che ignora la salute dei giocatori
Una delle competizioni più prestigiose del calcio globale, il Mondiale Club, sta esprimendo un’indifferenza sconcertante per la benessere fisico e la salute dei suoi giocatori. Nonostante le ripetute segnalazioni da diverse personalità del calcio mondiale, l’apparente minimo rispetto per la salute dei calciatori continua a dominare i discorsi.
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L’insostenibile ritmo di gioco
Una delle preoccupazioni più ricorrenti riguarda il calendario fittissimo di incontri. Sempre più spesso assistiamo a squadre costrette a giocare partite ravvicinate, a volte con soli due giorni di riposo tra l’una e l’altra. Le squadre viaggiano attraverso fusi orari diversi, acquisendo stanchezza e stress sia fisico che psichico. Se pensiamo che il recovery time, ovvero il tempo di recupero necessario a un giocatore tra una partita e l’altra, dovrebbe essere di almeno 72 ore, ci rendiamo conto di quanto tale ritmo di gioco possa essere insostenibile.
Esempio: il caso del Liverpool
Un esempio eclatante è quello del Liverpool, che a dicembre 2019 ha dovuto affrontare due partite in due continenti diversi in meno di 24 ore. Il manager Jurgen Klopp ha espresso la propria frustrazione per questo stato di cose, denunciando l’eccessivo sfruttamento dei calciatori e l’inevitabile rischio di infortuni che ne deriva.
Il rischio infortuni: una minaccia costante
Radiografando l’aspetto degli infortuni, va rilevato come la fatica accumulata a causa del ritmo intenso di partite possa effettivamente aumentare il rischio di lesioni muscolari e articolari. Un giocatore stanco è più incline a farsi male, a perder lucidità nei movimenti e a cominciare quindi a incappare in errori che possono costargli la carriera.
Le statistiche pesanti come un macigno
Secondo uno studio pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, il rischio di infortuni aumenta del 6% per ogni incremento di 10 partite giocate in una stagione. Considerando l’allungamento delle competizioni, con l’aumentare del numero dei match, e l’introduzione di competizioni estive come la Nations League, è lecito aspettarsi un incremento anche dei numeri degli infortuni.
La disattenzione delle istituzioni calcistiche più influenti
Se da un lato i club e gli allenatori esprimono preoccupazione per la salute dei loro calciatori, dall’altra le istituzioni calcistiche sembrano restare sorde alle lamentele. FIFA e UEFA, pur predicando pubblicamente il rispetto per l’integrità fisica dei calciatori, si mostrano nel contempo incapaci di proporre misure concrete per ridurre il carico di lavoro dei giocatori.
Il silenzio assordante della FIFA
Contrariamente a quanto accade in altri sport, la FIFA non ha ancora introdotto un limite massimo di partite che un calciatore può disputare all’anno. Questo, unitamente al rifiuto di proporre un periodo di riposo obbligatorio tra le competizioni, mostra un’insensibilità preoccupante verso la benessere dei giocatori.
Un cambiamento necessario per la salute del calcio
Al di là delle considerazioni economiche che sicuramente giocano un ruolo fondamentale in questo scenario, la tutela della salute fisica e psichica dei giocatori dovrebbe essere una priorità. Non possiamo infatti dimenticare che il calcio non è solo uno sport, ma anche un lavoro, e come tale dovrebbe tutelare i diritti dei suoi lavoratori. È quindi urgente un ripensamento delle dinamiche del calcio moderno, per garantire la salute dei calciatori e la sostenibilità a lungo termine di questo sport che amiamo.